Quali sono le dinamiche che modificheranno le esigenze dei cittadini, facendo sorgere nuovi bisogni?
Sappiamo come il problema principale a cui dobbiamo rispondere è il rischio della diffusione di un area sociale invisibile, soprattutto in contesti che vivono già situazioni di difficoltà socio-economiche. In questi casi, la mancanza di tutela rischia di portare le persone a essere escluse o ad autoescludersi. All’interno della nostra comunità, quindi, accanto alla riduzione di spazi di opportunità e di mobilità sociale, troviamo un forte pericolo di emarginazione. Credo che questo fenomeno coinvolga maggiormente le famiglie che rischiano di non disporre di servizi adeguati che possano fornire loro quelle garanzie indispensabili per un progetto di vita dignitoso, soprattutto se legato a elementi di discriminazione quali l'origine culturale, la presenza di anziani non autosufficienti, le famiglie monoreddito e quelle con un solo genitore, come anche le famiglie con figli a carico.
Oggi, inoltre, assistiamo alla crisi di un sistema economico, preoccupante per dimensione e incertezza. Assistiamo alla diminuzione del benessere sociale, all’aumento dell’insicurezza rispetto al futuro e ad un impoverimento reale, fenomeni che si estendono sempre più anche alle fasce medie della popolazione e che comportano anche il rischio di un impoverimento culturale e sociale. A Bologna, storicamente, è presente una forte coesione sociale e livelli alti di occupazione, anche se spesso è la famiglia a essere il primo e a volte unico ammortizzatore sociale.
Il recente Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia, promosso dalla Caritas Italiana, individua due fasce di popolazione maggiormente in difficoltà, le persone non autosufficienti e le famiglie con figli. Il Censis, infine, mette in risalto un'altra anomalia italiana: l’assistenza dei non autosufficienti rimane prevalentemente in carico alle famiglie che affidano i loro cari alle “badanti” (un welfare privato e spesso non regolare).
Quali priorità si devono scegliere per rendere più efficaci le politiche sociali?
È necessario riportare al centro le persone, come anche passare da una logica basata sull’emergenza e del bisogno ad una logica di promozione del benessere, di realizzare cioè delle soluzioni organizzative stabili, che non siano limitate all’emergenza. La sfida deve essere di perseguire l’idea di un welfare forte, quindi di una innovazione dei servizi, con quella di modelli e approcci capaci di interagire con le persone considerandole anche risorsa, per permettere quindi di evolvere e lo sviluppo di autonomie.
Infine, occorre trovare risposte a una richiesta di integrazione delle politiche (non solo sociali e sanitarie, ma anche del lavoro, formative, abitative, ecc.) per una presa in carico complessiva della persona, collegando i servizi presenti e le tante risorse di Bologna (del volontariato, privato sociale, etc.), in modo che le persone non vengano “spezzettate” a seconda del bisogno e delle risposte presenti su quel territorio.
Scuola, lavoro, famiglia, volontariato, culture, diritti, in una parola comunità. È importante ri-costruire il senso di comunità per produrre cultura e solidarietà. (Penso quindi a luoghi di socialità e di costruzione della convivenza). Tutto ciò non solo può garantire una maggiore adeguatezza delle risposte a bisogni sempre più complessi (efficacia), ma anche un riduzione della spesa (efficienza).
Quali strategie per aumentare la soddisfazione dei bisogni sociali?
Assistiamo alla crescita di una domanda forte nei confronti del Pubblico, il rapporto cittadino e PA è cambiato e in discontinuità rispetto al passato, soprattutto cresce la domanda sull’area della salute e dei servizi sociali, come su aspetti legati al lavoro ed allo sviluppo economico. Ritengo che la sfida dovrebbe essere di perseguire l’idea di un welfare pubblico forte in grado di rispondere alle aspettative del cittadino.
Ad esempio, il processo di decentramento di competenze ai quartieri, come anche l’unificazione dei servizi alla persona con la riforma delle Ipab in ASP, risponde sicuramente al principio di sussidiarietà verticale e quindi avvicina le risposte ai bisogni dei cittadini, ma in questi anni non ha prodotto un miglioramento dei servizi ma creato disagio agli operatori e al cittadino.
La preoccupazione deriva dalla necessità, da parte del Comune, di mantenere il governo dei processi/servizi erogati, di mantenere i servizi di 2^livello (oltre che quelli di rilevanza cittadina) e quindi dall’opportunità di svolgere un’attività di coordinamento/monitoraggio/controllo e verifica della qualità dei servizi erogati (ad esempio, cosa intende il Comune per co-progettazione dei servizi? e i Quartieri?). È bene che chi riceve un servizio in un Quartiere abbia le stesse garanzie rispetto a un cittadino di un altro Quartiere. Inoltre, è importante poter collegare i servizi presenti sul territorio di Bologna per ottimizzare le opportunità/risorse presenti sui vari territori e rispondere più efficacemente ai bisogni del cittadino. Come anche garantire la qualità dei servizi con una selezione e formazione qualificata degli operatori, soprattutto di coloro che dovranno svolgere l’attività di servizio pedagogico con i cittadini. L’operatore dello Sportello Sociale dovrà essere un operatore di sistema, in grado di valorizzare le persone e le loro famiglie, progettare insieme a chi ha difficoltà e collegare le risorse presenti sul nostro territorio cittadino (deve essere un pedagogista qualificato).
I Quartieri dovranno avere la responsabilità, ma anche le risorse umane e finanziarie, per i servizi erogati, mentre il Comune svolgere tutte le attività necessarie per valorizzare la nuova organizzazione dei servizi. È inoltre necessario collegare i nuovi Sportelli Sociali con gli Sportelli Lavoro presenti in alcuni Quartieri, come anche coinvolgere le Associazioni di categoria che devono interessarsi e dialogare con il mondo socio-educativo (Responsabilità Sociale d’Impresa).
Quale ruolo per il volontariato?
Da un lato dobbiamo considerare l'attività di volontariato come attività gratuita al servizio degli altri, dall'altro siamo consapevoli come la vocazione delle organizzazioni di volontariato debba tradursi nella sperimentazione di attività/servizi per la nostra comunità e nella capacità di "vigilanza" critica, di lettura dei bisogni di un territorio e ricerca di possibili soluzioni. Il volontariato, quindi, non deve "sostituirsi" alle attività che il pubblico deve sapere fare e garantire, ma proporre e contribuire alla realizzazione di iniziative innovative capaci di dare risposte ai bisogni sempre più complessi della nostra società, in una logica di collaborazione attiva e di riconoscimento reciproco dei rispettivi ruoli e funzioni. Consapevoli che da soli, pubblico, privato sociale, mondo economico e del volontariato, non è oramai possibile trovare risposte adeguate ed efficaci.
È importante valutare e decidere insieme il grado di partecipazione e qualificare la rappresentanza del volontariato per la programmazione, realizzazione e valutazione delle Politiche pubbliche. La L.328/00 afferma come i servizi sociali siano un diritto per tutti (universalismo) e i Piani di Zona credo che rappresentino una grande opportunità di sviluppo della democrazia rappresentativa e partecipativa.
Il volontariato non è solo la “pizza con gli amici”, ma molto di più. È sperimentazione e innovazione, costruzione di spazi di convivenza possibile, prevenzione e sostegno reale alle persone e alla comunità.
Le organizzazioni di volontariato, che partecipano attivamente alla progettazione di interventi socio-educativi sul nostro territorio, rappresentano sicuramente una esempio di buona pratica, una rete che deve essere capace di co-progettare insieme, partendo proprio dalla capacità di ascolto attivo dei bisogni del nostro territorio.
Alcune proposte?
L’integrazione delle diverse politiche per rispondere a problemi sempre più complessi
La centralità dell’informazione: di servizio verso i soggetti più deboli, come anche dei soggetti deboli verso la cittadinanza come possibilità di canali non stereotipati
L’accesso ai servizi (accompagnamento) e la valorizzazione delle buone prassi
La progettazione dal basso partecipata e una valutazione di qualità dei servizi
Accordi e protocolli operativi fra i servizi in modo che diventino stabili e siano approvati dai decisori politici e non siano affidati alla sensibilità e alla volontarietà degli operatori
Bologna ha sicuramente molte risorse, spesso purtroppo "nascoste". Credo che un buon amministratore debba essere capace di collegare i bisogni alle risorse. È però necessario definire le reciproche aspettative e essere capaci, tutti, di valorizzare le attività e risorse ritenute utili e di successo. Un impegno concreto per passare da una logica basata sulle emergenze a una politica inclusiva centrata sulle persone.