Senza tetto e senza reddito di cittadinanza
"… È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese"
(articolo 3, Costituzione della Repubblica Italiana)
Questo articolo rappresenta uno dei cardini della nostra Costituzione, il principio di uguaglianza (e di non discriminazione).
In Italia ci sono più di 5 milioni di persone in povertà assoluta, soprattutto al Sud ma anche nelle aree metropolitane del Nord. La povertà non è solo mancanza di reddito o lavoro, ma anche isolamento e fragilità.
Ma con gli effetti paradossali del Reddito anti-povertà del Governo, le persone senza dimora resteranno senza reddito di cittadinanza: parliamo di decine di migliaia di persone che non dispongono della residenza fittizia. Parliamo degli "ultimi”, persone con problematiche legate alle dipendenze ma anche donne e uomini in situazione di povertà relazionale ed economica, come conseguenza anche della crisi economica.
Solo 200 comuni italiani su circa 8mila concedono gli indirizzi fittizi per consentire ai senzatetto di ottenere la residenza, la carta d’identità, e dunque accedere ai diversi servizi come il reddito di cittadinanza (http://www.redditodicittadinanza.gov.it/). Chi vive in strada, e più di tutti avrebbe bisogno di un aiuto, non potrà quindi ottenere un sostegno economico: il 95% delle persone senza dimora – sono in totale 50.724 in Italia – rimarrà quindi escluso dal reddito visto che non dispone di documenti.
Così, mentre il decreto sicurezza raddoppia le pene per chi occupa strutture abbandonate per difendersi dal freddo e rafforza il Daspo urbano aumentando la durata del provvedimento e estendendolo oltre alle piazze, strade, stazioni ferroviarie, metropolitane, aeroporti, spazi verdi, anche ai presidi sanitari e alle aree destinate a fiere, mercati, pubblici spettacoli, il principale meccanismo di welfare del Governo dimentica per strada la parte più fragile della società.
Il reddito di cittadinanza non tutelerà i più fragili e il Daspo urbano relegherà nell'illegalità la povertà.
Ma la povertà non è una scelta o una colpa, è ingiustizia sociale. Parliamo di un problema sociale, non di ordine pubblico. Non solo non risolvono i problemi, ma si colpisce chi è in una situazione di difficoltà. I problemi non si risolvono con la forza o immaginando di nasconderli, allontanandoli.
In Emilia-Romagna e a Bologna ci sono progetti che indicano una strada possibile: l'esperienza degli “Empori solidali” che danno un sostegno concreto a famiglie con minori, il “reddito di solidarietà” per contrastare la povertà, Associazioni come Piazza Grande che lavorano per l’inclusione delle persone senza dimora. L'impegno è di ridurre le disuguaglianze, costruendo progetti in grado di valorizzare le persone, investendo sulle loro competenze e risorse, e di evitare che la povertà si traduca in crescente marginalità.
Il Governo deve coinvolgere l’ANCI e i 7.800 Comuni che oggi non concedono le residenze fittizie o iscrizioni anagrafiche, perché il reddito di cittadinanza oltre che dal reddito rischia di estromettere tante persone dallo stesso diritto costituzionale di cittadinanza.
Combattere la povertà, non i poveri, significa non lasciare le persone sole.