Dal Cie all’Hub un modello di accoglienza, Bologna non deve tornare indietro
Il Cie era un luogo di degrado, di violazione dei diritti umani. Tutta la città ha chiesto con forza la chiusura del Cie e a marzo 2013, primo in Italia, il Cie di Bologna è stato chiuso. A luglio 2014, il centro di via Mattei è diventato un luogo di accoglienza per chi è costretto a scappare da fame e guerra: un Hub dove prestare assistenza sociale e sanitaria, dove insegnare l’italiano. Con la chiusura del Cie, Bologna ha costruito un progetto di accoglienza diverso che garantisce diritti e umanità a chi ha bisogno di protezione. Un esempio per tutta Italia e non solo, anche l’Europa ha riconosciuto l’impegno della Regione Emilia-Romagna e della Città metropolitana di Bologna a costruire un modello di accoglienza diffuso in grado di essere dignitoso per tutti (sia per chi arriva che per chi accoglie). Gli ospiti dell’Hub di via Mattei in breve tempo sono accompagnati in strutture di seconda accoglienza presenti su tutto il territorio regionale e il bando Sprar della Città metropolitana di Bologna permette di superare la logica emergenziale: tutti gli enti locali partecipano al sistema di accoglienza.
È difficile quindi comprendere la scelta del Prefetto di chiudere l’esperienza dell’Hub regionale per trasformarlo in un CAS (Centro di Accoglienza Straordinario), anche perché questi centri non hanno mai funzionato: bisogna evitare nuove sofferenze, nuove violazioni dei diritti, ulteriore spreco di denaro. Il rischio è di rendere la nostra città non solo più insicura, ma anche più disumana e ingiusta.
Bologna non può tornare indietro.
Le immagini del Centro di Accoglienza di Castelnuovo di Porto, con centinaia di persone (compresi donne e bambini) buttate per strada, sono disumane. L’invito è di partecipare alla manifestazione del 2 febbraio l’”Italia che Resiste”, per contrastare le politiche disumane di questo governo, non possiamo restare indifferenti.
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La Bologna che Accoglie non solo contrasta l’ipotesi dell’apertura di un CPR (Centro per il Rimpatrio), vero e proprio luogo di detenzione, a Bologna ma anche a Modena, ma deve contrastare anche l’idea di trasformare l’Hub in un CAS (un male minore) perché non permette nessuna integrazione e autonomia possibile.
Tutta la città, cittadini, mondo del volontariato e della buona cooperazione, deve impegnarsi perchè l’Hub di via Mattei (se diventasse un CAS) possa essere un luogo di inclusione, in grado di fornire servizi di orientamento, formazione e informazione. Serve un investimento politico e di risorse, per affiancare e riempire il CAS con iniziative educative, culturali, formative e sociali.
Da Bologna può partire una battaglia di civiltà, un esempio per dimostrare come sia possibile fare politiche e azioni concrete di accoglienza e di cittadinanza per tutti. Un idea di città inclusiva, in grado di promuovere responsabilità diffusa e partecipazione dei cittadini.