Il CIE di Bologna non riaprirà
Almeno per come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi.
Sarà un centro di accoglienza per chi è costretto a scappare dalla fame e dalla guerra.
In 11 anni, il Cie ha dimostrato di non essere strumento che possa rispondere al fenomeno dell'immigrazione clandestina: solo la metà dei circa 10mila trattenuti sono stati espulsi ma a costi economici e umani enormi.
Tutta la città (istituzioni, associazioni e movimenti) ha chiesto con forza di non riaprire il CIE, dopo la visita ispettiva dell'Asl di Bologna del 14 gennaio 2013 e di un'equipe di Medici per i Diritti Umani che ha denunciato la situazione drammatica del Centro e la violazione dei diritti umani.
Il Parlamento deve occuparsi di superare le leggi fallimentari che sono alla base di questi centri.
Bologna può dimostrare di essere in grado di costruire un progetto di accoglienza che garantisca diritti e umanità a coloro che hanno bisogno di protezione.
Le istituzioni devono impegnarsi a garantire la massima trasparenza, assistenza psicologica e legale, e adeguata accoglienza nel nuovo centro di accoglienza.
Sul tema dell'immigrazione, Bologna può essere un esempio e riferimento nazionale.