Carcere e città: un dialogo possibile

Un dialogo su carcere, le regole e la città di Bologna:

L'azienda meccanica "Fare Impresa in Dozza" (http://fiomgd.altervista.org/blog/fid-impresa-in-dozza/) promossa da GD-IMA-Marchesini;

Il laboratorio RAEE (http://www.raeeincarcere.org) per il recupero dei materiali elettrici/elettronici con IT2 e il Gruppo Hera;

Il laboratorio sartoriale Gomito a Gomito (http://www.gomitoagomito.com).

Tutti progetti che provano a costruire un collegamento con il mondo esterno, convinti che il carcere non sia solo un "problema" ma anche una possibile "risorsa" per la città.

CIE, Israele Palestina, 2 agosto

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34 anni dalla strage della stazione di Bologna
Per chi è ancora a Bologna, ci vediamo sabato 2 agosto alle ore 10:10 in Piazza Medaglie d'Oro. Con la speranza che la domanda di verità sui mandanti della strage da parte dei familiari delle vittime e di tutti i bolognesi possa finalmente trovare presto delle risposte.

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Mai più CIE: Bologna vince la battaglia contro la riapertura del Centro di Identificazione ed Espulsione.

Sarà un centro di accoglienza per chi è costretto a scappare dalla fame e dalla guerra.

In 11 anni, il CIE di Bologna ha dimostrato di essere un inutile spreco di risorse: solo la metà dei circa 10mila trattenuti sono stati espulsi ma a costi economici e umani altissimi.

Tutta la città ha chiesto con forza di non riaprire il CIE, dopo la visita ispettiva dell'Asl di Bologna del 14 gennaio 2013 e di un'equipe di Medici per i Diritti Umani che ha denunciato la situazione drammatica del Centro e la violazione dei diritti umani.

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Israele e Palestina, per la pace serve la politica

In questi giorni assistiamo per l'ennesima volta all'acuirsi del conflitto israelo-palestinese: è il settimo giorno di bombardamenti a Gaza, in Israele razzi da Siria e Libano. La situazione, che sembra non arrestarsi, sta provocando moltissime vittime: circa 180 morti e centinaia di feriti tra i palestinesi. In particolare, tra le persone che vivono a Gaza, costrette a lasciare le loro case per il rischio dell'imminente attacco via terra da parte dell'esercito israeliano.

Pensare alla pace deve considerare:

  1. che i palestinesi vivono ormai da anni in condizione di segregazione, situazione che anche Nelson Mandela non ha avuto timori a definire di apartheid;
  2. che l'enorme differenza militare ed economica tra israeliani e palestinesi, il modo in cui gli israeliani affermano la loro forza, non possono che indurci a chiedere con altrettanta forza e decisione ad Israele di cessare i bombardamenti.

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