Recovery Plan: nuove sfide e opportunità per una Bologna più verde, più digitale e più inclusiva

Il Consiglio dei ministri del 29 aprile ha dato il via libera al Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il primo obiettivo del Recovery è rispondere all'emergenza sanitaria e economica provocata dalla violenta pandemia Covid-19.

Secondo le previsioni macroeconomiche e fiscali presentate dalla Commissione europea lo scorso novembre, l'economia UE subisce una contrazione del 7,4% nel 2020, per poi crescere del 4,1% nel 2021 e del 3% nel 2022, ma l'incertezza rimane molto alta. L’Italia, anche prima della pandemia Covid-19, ha registrato performance economiche quasi sempre peggiori rispetto ad altri paesi europei (Spagna, Francia e Germania), e anche le previsioni mostrano una ripresa più lenta. Preoccupa soprattutto l’impatto del debito pubblico che potrebbe raggiungere il 160% e che rischia di condizionare anche la gestione della futura ripresa (alto debito pubblico; basso livello di crescita e produttività, in un contesto segnato da alti livelli di disoccupazione e da un ampio stock di crediti bancari deteriorati che rendono difficile far affluire il credito alle imprese). Per queste ragioni, il Piano italiano è importante, per rafforzare la crescita economica: per misure economiche di breve periodo, ma soprattutto per rafforzare la resilienza nel medio-lungo periodo, correggendo gli squilibri macroeconomici.
Il Piano italiano presentato a Bruxelles affronta alcune debolezze che affliggono la nostra economia e la nostra società da sempre: i divari territoriali tra nord e sud, le disparità di genere, la debole crescita della produttività e il basso investimento in capitale umano. Infine, le risorse del Piano contribuiscono a dare impulso alle transizioni verde e digitale. Il Piano non riguarda solo progetti di investimento ma anche riforme, per consentire di dare efficacia e attuazione agli investimenti, ma anche per consentire di superare le debolezze strutturali del nostro Paese che penalizzando soprattutto i giovani e le donne (semplificazione della normativa, efficientamento della Pubblica amministrazione e riforma della giustizia).

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Ennesima strage di migranti nel Mediterraneo, tra silenzi, omissioni e indifferenza

Il 23 aprile, un naufragio ha causato la morte di almeno 130 migranti, al largo della Libia.

Le autorità europee sapevano da giorni della presenza di 3 barconi in mare, eppure nessuno ha inviato navi per soccorrere i migranti che hanno supplicato e inviato richieste di soccorso per due giorni, prima di annegare nel cimitero del Mediterraneo.

Con un sistema di pattugliamento in mare chiaramente insufficiente, Ocean Viking e 3 mercantili erano da soli nelle operazioni di ricerca e soccorso. Una situazione inaccettabile. Papa Francesco ha parlato di vergogna: “hanno implorato aiuto per due giorni, non è arrivato nessuno”.

Si tratta dell'ultima di una lunga serie di tragedie nel Mediterraneo. Sono centinaia gli uomini, le donne e i bambini, morti nelle acque al largo delle coste libiche, in fuga da guerre e fame. Solo in questi primi mesi del 2021, almeno altre 300 persone sono annegate o scomparse nel Mediterraneo centrale. L'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e UNHCR avvertono che altri rifugiati e migranti potrebbero tentare pericolose traversate, con il miglioramento delle condizioni meteo e il deteriorarsi delle condizioni di vita in Libia.

In Libia, i rifugiati e i migranti subiscono continue violazioni dei diritti umani: detenzione, abusi, sfruttamento, come documentato dalle Nazioni Unite. Condizioni che spingono le persone a intraprendere viaggi rischiosi in mare, con conseguenze spesso drammatiche.

Dobbiamo chiederci cosa stiamo facendo e cosa possiamo fare per organizzare il salvataggio dei profughi, per costruire un sistema di solidarietà e accoglienza europeo, in grado di rispondere concretamente al dramma dei migranti.

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Contrastiamo odio e notizie false contro le persone senza fissa dimora

L'odio corre inrete contro le persone senza fissa dimora, spesso oggetto di violenza e di reati generati dall'odio.

A Bologna, la notizia dell’abbonamento gratuito agli autobus per le persone senza dimora, risultato ottenuto grazie all'impegno della collega consigliera Gabriella Montera, ha provocato centinaia di commenti critici, alcuni pieni di rabbia, cui i volontari di Piazza Grande hanno iniziato a rispondere, per spiegare l'importanza della misura, finanziata da Regione Emilia-Romagna e Comune di Bologna.

Il profilo della popolazione delle persone senza dimora sta cambiando, con sempre più minori, migranti, minoranze, donne e famiglie per strada. Ogni anno, a Bologna, abbiamo un flusso di circa 2.500 persone senza fissa dimora, di cui circa un migliaio stabili.

Quella delle persone senza tetto è un'emergenza straordinaria, parliamo degli "ultimi": persone con problematiche legate alle dipendenze, ma anche donne e uomini in situazione di povertà relazionale ed economica. Le persone che dormono per strada, come tutti noi, hanno un volto e una storia che li conduce fino lì.

Gentile Presidente, l'accesso a un alloggio decoroso è uno dei diritti umani fondamentali. Ogni notte, sono 700mila le persone che dormono per strada in Europa: negliultimi 10 anni la cifra è aumentata del 70%. In Italia, secondo un'indagine Istat del 2014, sono più di 50mila le persone senza dimora che hanno utilizzato almeno un servizio di mensa o accoglienza notturna. A questi numeri, bisogna aggiungere gli invisibili, difficili da intercettare.

La crisi dovuta alle conseguenze della pandemia Covis-19, inoltre, ha ulteriormente aggravato la situazione già fragile delle persone senza fissa dimora e, con la perdita dei posti di lavoro, potrebbe aumentare il numero delle persone in strada.

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Gravi problemi legati alla presenza di migranti all'interno del Centro di via Mattei

L'Assessore Marco Lombardo, ha risposto alla domanda d'attualità del consigliere Francesco Errani (Partito Democratico), sui gravi problemi legati alla presenza di migranti all'interno del Centro di via Mattei.

La domanda del consigliere Errani:

La domanda del consigliere Errani:

"Gentile Assessore, le persone migranti presenti all'interno del CAS di via Mattei hanno scritto una lettera a Prefettura e Comune di Bologna, per denunciare i gravi problemi legati alle precarie condizioni igienico-sanitarie, al sovraffollamento e, in generale, a problemi che riguardano una struttura non adeguata per l'accoglienza e con un capitolato d'appalto con scarsissime risorse che non permettono nessuna integrazione.

A giugno 2019, la scelta del Prefetto di Bologna di chiudere l'esperienza dell’Hub regionale di via Mattei, aveva l’obiettivo di smantellare il sistema di accoglienza diffusa che a Bologna creava integrazione e garantiva diritti e umanità a chi ha bisogno di protezione, e che permetteva di superare la logica emergenziale e di coinvolgere tutti gli enti locali del nostro territorio e la comunità.

Il Centro di via Mattei non è strutturalmente adeguato per l'accoglienza e le scarsissime risorse del capitolato permettono solo la sopravvivenza.

Il CAS (Centro di Accoglienza Straordinario) ospita più di 200 persone e non garantisce tutele sia per chi è ospite che per chi lavora. Il capitolato d’appalto, ideato dall’ex Ministro dell’interno Salvini, ha comportato l'eliminazione di tutte le misure di integrazione sociale (corsi di lingua, corsi professionali, orientamento al lavoro, informazione legale, ecc.) e la riduzione di molti altri servizi (assistenza sanitaria).

La città di Bologna ha dimostrato invece come sia possibile fare politiche e azioni concrete di accoglienza e di cittadinanza per tutti. Un idea di città inclusiva, in grado di promuovere responsabilità diffusa e partecipazione, coinvolgendo la rete che a Bologna lavora per l’inclusione (https://www.bolognacares.it/).

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Il Covid ci ha insegnato l'importanza dell'investimento in educazione, sulla scuola pubblica

La nostra scuola è stata travolta dalla pandemia, la prima a chiudere e l'ultima a riaprire. La pandemia ha aumentato enormemente i problemi strutturali della nostra scuola e trasformato le differenze in nuove disuguaglianze.

Negli anni, le misure di riduzione degli investimenti per la scuola hanno portato anche alla riduzione del tempo scolastico e all'aumento del numero degli alunni per classe. Le conseguenze sulla didattica sono sotto gli occhi di tutti: aumento delle disuguaglianze in relazione alle situazioni personali e sociali, una didattica sempre più addestrativa, essendo incompatibile il numero degli alunni con una didattica per gruppi di lavoro e di ricerca.

Durante la pandemia Covid, abbiamo perso un anno (non solo di scuola) che poteva essere impegnato per costruire una nuova proposta culturale e educativa.

La proposta di una modalità didattica praticabile in sicurezza, una didattica per piccoli gruppi, offre una metodologia di insegnamento-apprendimento partecipativa e, quindi, meno addestrativa; una didattica inclusiva, in quanto richiede un apporto ed il conseguente riconoscimento del contributo di ciascuno; una didattica solidale, offrendo l'opportunità di scoprire che il gruppo può avanzare e realizzare dei risultati solo se ci si aiuta reciprocamente.

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