Salviamo il Myanmar
In queste ore, ascoltiamo notizie drammatiche dal Myanmar.
Dopo il colpo di stato del 1 febbraio, avvenuto poche ore prima dell'insediamento del nuovo Parlamento nato dalle elezioni politiche dell’8 novembre scorso, i militari stanno stritolando il popolo birmano e lo stato di diritto. Molti arresti, incarcerazioni di massa, ordine alle forze armate di sparare sui manifestanti, oscuramento di internet, interruzioni della telefonia.
Ieri, almeno 18 persone sono rimaste uccise nella repressione delle manifestazioni in Birmania, nella giornata più sanguinosa dall'inizio delle proteste contro il golpe (sono semplici passanti, ambulanti, una donna incinta). Secondo l'Associazione di assistenza ai prigionieri politici, sono più di 770 le persone arrestate e condannate dall'inizio del colpo di stato il primo febbraio.
Intanto, la leader della Birmania deposta dal colpo di Stato dei militari, Aung San Suu Kyi, è comparsa oggi in collegamento video davanti al giudice che dovrà processarla per "importazione illegale di walkie-talkie" e "violazione delle norme sul distanziamento durante una manifestazione”.
La comunità internazionale deve fermare la violenza dei militari in Birmania. Le Nazioni Unite hanno condannato la violenta repressione e hanno esortato la giunta militare a smettere di usare la forza sui manifestanti pacifici.
Ma la comunità internazionale può e deve fare molto di più, oltre le dichiarazioni di condanna. Deve agire subito. Stati Uniti, Unione Europea, Cina, e molti altri Paesi, sanno che in Myanmar si decide la loro credibilità. Esiste il tribunale della storia, per le responsabilità di coloro che violano ogni diritto e schiacciano con la violenza la volontà del popolo.
E noi cosa possiamo fare? Abbiamo approvato un Ordine del giorno per chiedere la liberazione di Aung San Suu Kyi, insieme a tutti gli arrestati. Abbiamo chiesto che sia liberato il popolo birmano che ha scelto la democrazia.
La Comunità Birmana, residente in Italia, chiede “sostegno e vicinanza alla leader democratica Aung San Suu Kyi, affinché la Comunità Internazionale possa intervenire per ripristinare la democrazia nel Paese”, e chiede “l’esposizione sulla facciata di Palazzo d'Accursio di uno stendardo: Myanmar NO GOLPE per la liberazione del popolo birmano”, come partecipazione alla protesta popolare.
Mi auguro che la proposta possa essere condivisa dal Comune di Bologna.
I Parlamenti democratici e il Consiglio comunale di Bologna devono difendere la democrazia, quando altri vogliono soffocarla contando sull’indifferenza. Onorare la Resistenza significa questo.
Il Myanmar ha bisogno del sostegno della comunità internazionale e anche di noi.