Il violento attacco contro il campo Sinti a Bologna
Vorrei ricordare che, durante l'Olocausto, furono uccisi più di 500mila Rom e Sinti, 350mila disabili e persone omosessuali. Il popolo Rom è una minoranza presente in tutti i paesi dell’Europa. Ebrei, Rom, disabili ed omosessuali vennero sterminati dai nazisti perché ritenute vite inutili, dei parassiti, uno spreco per l’economia. Secondo l'ideologia nazista si trattava di persone dannose per noi, popolo. Sfruttavano l'assistenza pubblica, erano improduttivi.
A chi conviene alimentare violenza, paura e pregiudizio? A chi conviene produrre e alimentare una cultura violenta e razzista?
Una cultura che, particolarmente in tempi di crisi economica come quella che stiamo vivendo, rischia di ritornare a riproporsi e a generare disumanizzazione, esclusione e violenze. Quando una minoranza, come spesso avviene con le persone Sinti, viene ridotta al dato etnico o viene assegnata ad una collocazione sociale deprivata, in difficoltà, il rischio che si faccia strada la convinzione che queste vite siano solo un danno è molto serio.
Nell'area sosta di via Erbosa, a Bologna, vivono rom-sinti che il 24 gennaio 1990 furono vittime della banda della "uno bianca", morirono due persone: Rodolfo Bellinati e Patrizia Della Santina. La quasi totalità di persone di etnia Rom e Sinti in Emilia-Romagna (3.077, lo 0,067% della popolazione regionale, di cui 1.081 minori, il 35,13%) ha la cittadinanza italiana (95,9%). Sono cittadini italiani.
In Emilia-Romagna, esistono 182 tra campi e aree pubbliche e private. I campi considerati di grandi dimensioni (ospitanti da 71 a 130 persone) sono 6, 8 quelli che ospitano da 41 a 70 persone. Quelli più piccoli (massimo 40 persone), per lo più privati, sono 160. A Bologna sono 29 gli insediamenti per 509 persone.
La Regione Emilia-Romagna, insieme ai Comuni della nostra regione, ha proposto di superare i campi nomadi di grandi dimensioni, in attuazione della legge regionale del 2015 sull'inclusione sociale di Rom e Sinti. L'obiettivo è diminuire tensioni e degrado, favorire l'integrazione, superare la logica dei grandi campi e favorire situazioni dignitose di abitazione, in cui i costi e i doveri di manutenzione sono di responsabilità degli abitanti. Gli interventi regionali e dei Comuni puntano alla creazione di microaree pubbliche e private, queste ultime autofinanziate dai nuclei che si insediano, e l'agevolazione nella scelta di abitazioni tradizionali (alloggi sul mercato o quelli popolari in presenza dei requisiti).
Chi fa politica e ha responsabilità di governo, dovrebbe provare a risolvere i problemi, coinvolgendo le persone che vivono quei problemi, non cercare solo un facile consenso alimentando pregiudizi e conflitti inutili.
Nel campo di via Erbosa a Bologna, provvisorio dal 1990 dopo gli attacchi mortali della banda della “uno bianca” e ancora oggi provvisorio, si sospendono i diritti, l'umanità, confiniamo qualcuno che riteniamo superfluo. Il "campo nomade" produce un sistema di esclusione, non c'è un buon abitare. È una minoranza chiusa nei campi.
Bologna deve uscire da un sistema di “grandi aree sosta” per nomadi che riduce in povertà economica e relazionale le famiglie dei rom-sinti che vivono da più di quaranta anni nella nostra città. La presenza dei rom nella città non è provvisoria ma è strutturale, dai primi anni novanta si sono stabiliti più di 6.000 mila rom provenienti dai Balcani (ex Jugoslavia, Romania e Bulgaria). Si trovano qui per cercare lavoro e per cercare asilo. Cercano casa, servizi, scuola e cercano di poter vivere riscattando la propria povertà.
Anche l'Unione Europea chiede una maggiore integrazione di Rom e Sinti, e come Regione e Comune abbiamo una responsabilità comune per modificare questa situazione. Serve sicuramente una strategia nazionale per l'integrazione, ma a livello locale dobbiamo portare avanti progetti per superare la logica del campo e costruire un sistema di inclusione per migliorare la vita di tutti i cittadini, compresi i cittadini Rom e Sinti.
Sono stati bruciati i bagni e divelto le colonnine elettriche.
È un episodio molto grave. Un atto di violenza che va condannato senza se e senza ma.
Dobbiamo portare avanti il progetto di inclusione e integrazione della popolazione Rom e Sinti, completare il trasferimento delle famiglie entro fine anno sia per l'area di via del Gomito che di Pescarola.