Dal Cie all’hub: Bologna modello di accoglienza.
“Sono contrario, bisogna invece far funzionare il sistema. Occorre, ad esempio, che qualcuno mi spieghi perché le persone non possono essere identificate in carcere ... CIE e Hub di via Mattei non possono coesistere, né si può sostituire un Hub che sta funzionando così bene e non si può inseguire un tale clima d’allarme. Non possiamo mettere a rischio il buon funzionamento dell’Hub”.
Queste sono le parole del Sindaco un anno fa, era il 9 gennaio 2017, ed è un pensiero che condivido.
Da Centro di identificazione ed espulsione con condizioni di vita (e di lavoro) inaccettabili, a Hub regionale dove fare vera accoglienza per profughi e richiedenti asilo. Quella per la chiusura del CIE di Bologna è stata una delle battaglie più intense del mandato precedente. Una battaglia iniziata dopo le denunce di Medici per i diritti umani e della Garante delle persone detenute in Emilia-Romagna.
Tutta la città ha chiesto con forza la chiusura del CIE e, a luglio del 2014, il centro di via Mattei è diventato un luogo di accoglienza per chi è costretto a scappare dalla fame e dalla guerra. E così è oggi: un hub dove prestare assistenza socio-sanitaria e iniziare a insegnare l’italiano, in attesa che una commissione decida se accogliere le richieste di asilo.
Con la chiusura del CIE, Bologna ha costruito un progetto di accoglienza diverso, che garantisce diritti e umanità a chi ha bisogno di protezione. Un esempio per tutta Italia, ma non solo: perché da Bologna può partire una battaglia di civiltà per la chiusura di tutti i CIE in Europa, trasformando l'emergenza profughi in politiche concrete di accoglienza e di cittadinanza per tutti.
È difficile quindi comprendere oggi le parole del Sindaco sulla possibilità di riaprire un Centro di espulsione a Bologna, anche perché questi centri non hanno mai funzionato e la spesa pubblica è stata enorme.
È un tema che riguarda i diritti umani da portare oltre le frontiere italiane. Deve riguardare tutta l’Europa e deve passare anche attraverso la revisione degli accordi con i Paesi d’origine degli stranieri che arrivano in Italia.
Piuttosto è importante impegnarsi per cambiare e superare la Bossi-Fini, una legge fallimentare. È importante rendere più efficiente il sistema dei rimpatri e lavorare per identificare le persone durante la permanenza in carcere.