Un porto sicuro per i profughi della Mare Jonio

La nave Mare Jonio è per la quinta notte in mare con 34 migranti al largo di Lampedusa. Negli scorsi giorni sono stati portati al sicuro 64 naufraghi, tra cui donne e 22 bambini, dopo che l'Ong Mediterranea Saving Humans aveva lanciato l'allarme sanitario. Ma le condizioni igienico sanitarie dei sopravvissuti, ventotto uomini e sei donne rimasti a bordo, sono drammatiche. Come anche molto grave è la situazione psicofisica di persone che fuggono da guerre e povertà.

Si tratta di una situazione umanitaria gravissima, una vera e propria tortura, e credo importante che anche il Consiglio comunale di Bologna possa fare appello alle autorità affinché permettano alla Mare Jonio di attraccare in un porto sicuro, per garantire i diritti umani. L’obbligo di salvataggio delle vite in mare costituisce un dovere degli Stati e la nostra Costituzione dice chiaramente che il diritto internazionale prevale sulla follia del Decreto Sicurezza bis che tiene in ostaggio persone in mezzo al mare e che deve essere cancellato dal nuovo Governo.

Adesso fateli sbarcare.

Questi uomini e donne devono scendere a terra, non possono più aspettare.

Sovraffollamento: il carcere della Dozza è al collasso


È drammatica la situazione del sistema carcerario italiano
. Di fronte al sovraffollamento e al calo di risorse siamo oltre l'emergenza, il sistema è al collasso. All'interno della Casa Circondariale di Bologna, la capienza di 500 detenuti è abbondantemente superata dalle 855 presenze, di cui 73 donne e 451 stranieri. Circa il 40% sono detenuti in attesa di giudizio e le condizioni igienico-sanitarie sono drammatiche sia per chi lavora che per chi è detenuto. Un terzo dei detenuti oggi in carcere alla Dozza ha problemi legati alle tossicodipendenze, quindi a reati connessi legati all'uso di sostanze. La detenzione dovrebbe essere l'estrema ratio mentre oggi è la normalità, quando la maggioranza dei reati potrebbe prevedere invece la domiciliazione o la presenza presso strutture sanitarie.

In questi anni nelle carceri italiane sono aumentati suicidi e autolesionismi, e sono numerosi i detenuti che tentano il suicidio e che vengono salvati dagli agenti di polizia penitenziaria o dai compagni di cella, senza che la cosa faccia troppo notizia. Il 19 giugno 2019 nel carcere bolognese della Dozza un detenuto si è tolto la vita ed è finito nelle statistiche di un dramma, al quale siamo purtroppo ormai abituati. Questa morte pesa come una piuma nella coscienza collettiva e non basta certo a convincere i benpensanti che uno stato democratico ha il dovere di garantire condizioni di vita dignitose anche in un luogo di restrizione. Il carcere non dovrebbe infatti punire, ma rieducare. Per cercare di capire, non riesco a non prendere prima di tutto in considerazione la domanda: lasciar morire non è forse un modo, anche se non voluto e sicuramente più nascosto, di dare la morte? La Costituzione della Repubblica Italiana afferma il principio che la pena ha fini di recupero e di reinserimento sociale.

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Il Passante di Autostrade (di Bologna)

Il progetto di potenziamento della tangenziale, il Passante di Bologna, è un progetto importante (circa 600 ML di euro) che avrà un forte impatto sulla nostra città, sia durante la fase di cantierizzazione (3 anni) che post opera, dal punto di vista trasportistico, urbanistico e ambientale.

È un progetto che coinvolge 3 Quartieri della nostra città (San Donato-San Vitale, Navile e Borgo-Reno) e che ha visto un lavoro importante degli uffici del Comune e del Consiglio comunale di Bologna che ha approvato un Ordine del giorno importante a tutela della salute dei cittadini, del rispetto dell'ambiente, della trasparenza e partecipazione (Osservatorio ambientale), tutte proposte di miglioramento rispetto al primo progetto presentato da Autostrade:

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Un nuovo Protocollo Appalti per Bologna

Le gare d’appalto con competizione al ribasso, soprattutto nei servizi sociali, educativi e culturali, con risposte a basso costo che comportano il rischio di precarizzazione e dequalificazione del lavoro, sono una prospettiva disastrosa. Dobbiamo promuovere invece gare centrate su criteri qualitativi: ambientali, sociali, e per la salute e sicurezza dei lavoratori. Il "prezzo più basso" non deve più essere un fattore determinante per l'assegnazione dei contratti, deve invece essere premiata la tutela dell'occupazione e delle condizioni di lavoro, la salvaguardia dell’ambiente e gli aspetti sociali, la qualità del servizio al cittadino.

Con il nuovo protocollo appalti, il Comune di Bologna vuole contrastare il lavoro precario e le infiltrazioni mafiose, e inserisce una clausola sociale per la salvaguardia dei diritti acquisiti dei lavoratori e una clausola di "protezione sociale" per l'inserimento di persone in situazione di svantaggio, ma decide anche di eliminare le gare al massimo ribasso.

Il percorso, già iniziato nel 2015, vede la partecipazione e la firma di tutti i soggetti coinvolti: Comune, associazioni delle imprese e organizzazioni sindacali. Dalle gare al massimo ribasso oggi passiamo all'offerta economicamente più vantaggiosa per gli affidamenti ai servizi. Le aziende non avranno più come unico criterio il prezzo, ma dovranno proporre legalità e qualità delle condizioni dei lavoratori.

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Silvia Romano libera

“Silvia Romano libera”

Credo sia importante che anche il Consiglio comunale di Bologna lanci un messaggio di vicinanza e di solidarietà alla famiglia della cooperante italiana, rapita in Kenya il 20 novembre scorso.

Silvia, secondo alcuni testimoni, fino al giorno di Natale era viva e sarebbe stata poi ceduta a un'altra banda di sequestratori.

In Kenya, la giovane si trovava come volontaria per una Ong marchigiana per portare un aiuto concreto in Africa e inseguire le sue aspirazioni umane e professionali. 

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Siamo sulla stessa barca

Più di duecento persone sono scese in piazza, giovedì sera a Bologna, per esprimere solidarietà ai 42 migranti trattenuti a bordo della Sea Watch 3 e alla loro “Capitana” Carola Rackete. Per provare a cambiare questa politica. Una parte dei partecipanti al presidio ha voluto lanciare un messaggio ulteriore, trascorrendo la notte per terra, sul sagrato della basilica di San Petronio, come è avvenuto a Lampedusa, dove i cittadini per più notti hanno dormito all’aperto per condividere con i migranti la stessa situazione di “disumanità”.

È stato emozionante vedere la reazione della città di Bologna e sentirsi uniti in questa testimonianza: per una notte “Sulla stessa barca!”.

La protesta ha visto la mobilitazione e la partecipazione di una vasta rete di realtà che quotidianamente lavorano in città per l’inclusione: Libertà era restare – APS, Scuola ByPiedi Marina Gherardi, Famiglie Accoglienti, Refugees Welcome Italia, Legambiente Bologna, Il manifesto in rete, ExAequo, Libertà e Giustizia Circolo di Bologna, Città Comune, Chiesa Metodista di Bologna e Modena, Francesco Errani (Consigliere Comunale Bologna), ARCI Bologna, Libera Bologna, Amnesty International, Mani Tese Bologna, l’Altro Diritto Bologna, Marco Trotta (Consigliere Quartiere S. Vitale – S. Donato), AILeS, Camilla (Emporio di Comunità), Associazione Spazi Aperti, Pax Christi, CGIL Bologna, Associazione Vicini d’Istanti, Archivio Paolo Pedrelli, Coalizione Civica Bologna, Donne in nero, Radicali Italiani, Laici Missionari Comboniani, ANPI provinciale Bologna, Portico della Pace, Aprimondo Centro Poggeschi, Mediterranea, Ya Basta, MSF Bologna, Lesbiche Bologna, Avvocato di Strada, Cassero LGBTI Center, Piazza Grande, Comitato Bologna Pride, Associazione Gay Lex, Associazione Orlando, SeaCoop Imola, Uil Emilia-Romagna, Uil Bologna, Circolo ACLI Giovanni XXIII Bologna.

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