Inclusione sociale e welfare condiviso: alcune esperienze a Bologna

Se pensiamo alla nostra Costituzione, tre articoli possono aiutarci e orientare il nostro agire. L’art 4 afferma che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro; l’art. 27 sulla salvaguardia della dignità delle persone, che deve caratterizzare anche le carceri e la funzione rieducativa della detenzione nei confronti delle persone che stanno scontando una condanna; e l’art. 32 sul diritto alla salute. Perché cito questi articoli? Perché, con la giustificazione di mancanza di risorse, vengono messi in discussione. Riusciamo a garantire i diritti/doveri costituzionali? Ci stiamo riuscendo a Bologna?

Il nostro è un territorio profondamente cambiato dal 2008 ad oggi, come conseguenza della crisi economica, una crisi anche culturale che rischia una spirale disumanizzante. Ad aprile 2013, Daniela Castagni, una donna di 55 anni della Bolognina, si toglieva la vita, suicida perché senza lavoro. Nel 2011, prima Antonio e nel 2012 Josè, un ragazzo domenicano di 30 anni, si toglievano la vita in carcere. Sul diritto alla salute, in Consiglio comunale stiamo lavorando per costruire un piano per la rimozione dall’amianto, un killer silenzioso che ha invaso tutte le nostre vite e che continua ad uccidere anche oggi, ed è il risultato di un modello di sviluppo sbagliato.

Siamo ancora in grado di garantire l’art.4, l’art.27 e l’art.32 della nostra Costituzione?

Se non siamo in grado di garantirli, il rischio è di dover cambiare la Costituzione. In alternativa, possiamo invece impegnarci per costruire progetti che possano tendere al raggiungimento di quei principi costituzionali. La situazione di difficoltà che stiamo attraversando offre una possibilità, l’opportunità di ripensare ad un modello di sviluppo più compatibile, più sostenibile e più umanizzante. Un modello che deve promuovere l’inclusione attraverso il riconoscimento e l’accrescimento delle capacità delle persone, in particolare di quelle relegate nella marginalità.

Perché è importante il lavoro? Perché il lavoro garantisce non solo la sopravvivenza, la possibilità di mangiare, ma anche dignità, identità e appartenenza ad una comunità e a una città.

A novembre 2013, partendo dall’esperienza del Comune di Torino, anche a Bologna abbiamo approvato il regolamento comunale sulle clausole sociali per l’inserimento lavorativo di persone in condizione di fragilità, con riferimento non solo alla leggi 68 e 381, ma anche alla definizione comunitaria di svantaggio e all’allora recente decreto Fornero. L’iniziativa si rivolge quindi anche i disoccupati di lunga durata, alle donne sole con figli, agli ultra cinquantenni, a chi non ha un titolo di studio spendibile nel mercato del lavoro.

Perché è importante questo regolamento? Perché va nella direzione di costruire progetti per persone che oggi non sono occupabili nel mercato del lavoro ordinario. Le clausole per l’inserimento lavorativo sono un’innovazione. A differenza delle clausole di salvaguardia, legate al mantenimento dell’occupazione per garantire i lavoratori impegnati con il precedente appaltatore, quelle per l’inserimento lavorativo rappresentano una politica attiva del lavoro, non assistenziale ma promozionale.

Cosa dice in sintesi il regolamento comunale?

Almeno il 5% dell’importo annuale di tutte le attività di fornitura di beni e servizi dell’amministrazione comunale deve essere diretto per l’inserimento lavorativo di persone in condizioni di fragilità. Grazie a questo regolamento, oggi abbiamo un appalto di manutenzione del verde pubblico di circa 42 milioni di euro che occupa almeno il 10% di lavoratori in condizione di fragilità. Sono persone impegnate per pulire i nostri giardini e i parchi pubblici, per rendere più bella la nostra città.

Un altro progetto, sempre realizzato grazie al nuovo regolamento, riguarda la pulizia del patrimonio cittadino. In città sono attive due squadre, donne e uomini, che lavorano alla manutenzione e restauro per eliminare i cosiddetti “graffiti” dai muri della città. L’attività è curata da cooperative sociali di tipo B con competenze nell’ambito della manutenzione edile e dell’inserimento lavorativo. Sul progetto, oggi lavorano circa 13 persone in condizione di fragilità o lavoratori deboli.

Un’altra esperienza su cui stiamo lavorando è l’istituzionalizzazione del “Logo Azienda Solidale”, un progetto dell’Università di Bologna e AILeS. Dal 2015 il Comune di Bologna, insieme alla Città metropolitana, premierà le aziende solidali; quelle aziende che praticano la responsabilità sociale di impresa legata agli inserimenti lavorativi delle persone in situazione di svantaggio. Si tratta di provare a costruire un welfare condiviso che richiama la responsabilità di tutta la comunità e quindi anche delle aziende che operano sul nostro territorio.

Infine, credo utile ricordare l’esperienza dell’azienda meccanica FID (Fare Impresa in Dozza) presente all’interno della Casa Circondariale di Bologna: una vera officina meccanica che occupa circa 10 persone detenute, con un contratto collettivo nazionale della meccanica, grazie all’impegno di tre imprese meccaniche del nostro territorio: GD, IMA e Marchesini, che hanno fornito attrezzature e il sostegno dei tutor, ex dipendenti in pensione che hanno deciso di impegnarsi in attività di volontariato per trasferire le loro conoscenze alle persone detenute.

Le esperienze descritte sono ancora limitate e locali, ma possono costituire un riferimento culturale e operativo di un modello di sviluppo possibile che conviene a tutti, uno sviluppo compatibile con i limiti ambientali e umanizzante. Dobbiamo però cambiare logica, passare dalle grandi opere alla manutenzione ordinaria delle nostre vite, del lavoro, del territorio, dell’ambiente. La sfida che dobbiamo affrontare è quella di ripensare ai nostri servizi di welfare, dimostrare che una politica promozionale, non caritatevole, è un vantaggio per tutti. Un vantaggio non solo sociale, culturale, educativo ma anche economico.

 

Un servizio di presentazione del progetto Fare Impresa in Dozza è visibile qui:
https://www.youtube.com/watch?v=AqznOGPtIHU

Maggiori informazioni sul progetto Aziende Solidali  sono disponibili qui: http://www.aziendesolidalibolognesi.it